Sul digitale bisogna fare di più perché e in gioco il futuro

12 Aprile 2018 | news

Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato un investimento da 1,5 miliardi entro il 2022 sull’intelligenza artificiale. «Quello di Macron è un fondamentale esercizio di leadership, su una grande rivoluzione tecnologica, certo, ma che è soprattutto politica. Attorno all’economia dei dati, degli algoritmi, dell’intelligenza artificiale si addensano oggi le grandi opportunità di crescita,ma anche le grandi scelte sul piano etico e normativo,perché tutto è rimesso in discussione». Per il presidente di Confindustria Digitale, Elio Catania, c’è un messaggio che il sistema Itali a deve cogliere in questa iniziativa: «Se certi argomenti non salgono stabilmente nell’agenda politica e nell’azione di Governo c’è il rischio di veder crescere il gap fra noi e Paesi vicini che sul digitale e sull’ICT hanno avuto più attenzione e più determinazione».

Elio Catania guida Confindustria Digitale dal 2014. «Dovessi fare una sintesi direi che il Paese ha preso consapevolezza dell’importanza del digitale non come fatto puramente tecnologico, ma come fattore trasversale, di crescita, di sviluppo, di competitività delle imprese». Consapevolezza dei risultati raggiunti, ma anche preoccupazioni in chiave futura: «La fase recente di campagna elettorale ha visto come grande assente il digitale. Che invece è il motore della politica economica di un Paese». E questo «nonostante i risultati che si sono conseguiti. Una grande impresa su 2 ha ormai avviato progetti di trasformazione digitale e anche le medie imprese 4.0 sono raddoppiate nel giro di un anno. Usano sensori, robotica, grandi mole di dati. Il problema rimane in particolare sulle piccole imprese. Ma la risposta complessiva è stata positiva. Tutto merito del fatto che di questi temi serie sono occupati i vertici politici e delle imprese».

La fase di conquista dell a consapevolezza, «su cui come sistema Confindustria abbiamo investito tanto, con incontri e road-show con migliaia di imprenditori » deve ora lasciare il passo a una fase 2 «in cui la trasformazione dell’economia, grazie al digitale, deve diventare profonda e pervasiva. E qui di nuovo servono leadership e politiche forti». Per Catania è essenziale puntare su formazione e competenze: «Ben vengano le iniziative come i Digital Innovation Hub, che come sistema Confindustria abbiamo voluto fortemente e realizzato in tempi brevi, e come i
Competence Center». Due le insidie: i tempi dell’esecuzione e la trasformazione digitale della Pa. Nel primo caso «l’importanza delle scelte politiche diventa decisiva. Perdere tempo, magari rimettendo in discussione impianti come quelli di industria 4.0, può essere un errore fatale visto che altri Paesi avanzano su certe politiche». Riguardo alla Pa «è chiaro che ogni trasformazione digitale del Paese rimarrà monca senza un cambiamento concreto. Di resistenze ce ne sono tante ancora. E fa rabbia. Perché all’interno ci sono tanti casi di eccellenza e perché i risparmi che si possono ottenere in termini di minori costi e maggiore efficienza sono enormi».

Da qui l’idea che «va fatto il salto vero, introducendo nel panorama istituzionale una forte discontinuità nella governance sul digitale. Le esperienze di questi ultimi mesi ci dicono che un Commissario aiuta, certo, ma non è sufficiente. Assegnare un ruolo alto al digitale, di Governo: questa è la strada che stanno percorrendo Francia e Germania. Un passo che è tanto più prioritario qui da noi, per costruire una politica sul digitale forte e coerente, dal centro alla periferia».

Fonte: Il Sole 24 Ore