“L’Italia, tanto quanto altri paesi europei, è pronta” ad affrontare la quarta rivoluzione industriale, ma presenta due barriere: “la più grande è la mancanza di competenze digitali, accompagnata dalla presenza di tante piccole e medie imprese”. E’ quanto sostiene il direttore Industria digitale della Commissione Europea, Lucilla Sioli, sottolineando che “serve un cambiamento culturale”.
“Il piano Calenda è molto utile, perché permette defiscalizzazioni importanti e ci sono già dei dati che dimostrano come abbia portato investimenti consistenti in nuove tecnologie. Spero possa continuare, visto che è anche stato arricchito del capitolo sulle competenze digitali”, afferma Sioli, convinta che “l’industria italiana, basata molto sul manifatturiero, grazie al digitale potrebbe trarre dei benefici superiori, rispetto a quelli raggiunti fino ad oggi”, con una maggiore valorizzazione del Made in Italy. Il problema però è che il tessuto imprenditoriale è caratterizzato da pmi e, “più le imprese sono piccole, più è difficile farle investire nella digitalizzazione e convincerle che è diventata una necessità”.
Intervenendo alla presentazione del primo centro internazionale per la cultura digitale a Milano (‘Meet’), Sioli ricorda che secondo l’indice Desi 2017 (elaborato dalla Commissione Ue per valutare il livello di avanzamento degli Stati membri verso un’economia e una società digitali) l’Italia è 25/a in Europa, ed è uno dei paesi che si evolve di meno. Oltre al tema delle pmi “la barriera più grande è la mancanza di competenze” necessarie per la trasformazione digitale. In merito al timore di una perdita dei posti di lavoro legata all’automazione, “in Europa pensiamo che sicuramente verranno persi dei posti, ma ce ne saranno tanti nuovi”. Soprattutto l’Intelligenza artificiale “cambierà le professioni esistenti”, per questo “è importante che le Università forniscano ai giovani le competenze necessarie per vivere in questo mondo digitale”.(ANSA).
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