Il lavoro 4.0 renderà liberi? Sì, se sapremo usare le nuove tecnologie

27 Marzo 2018 | news

Con l’avvento della quarta rivoluzione industriale, niente sarà come prima, anche se il cambiamento, come succede per tutte le transizioni, sarà a macchia di leopardo: per un periodo più o meno lungo vedremo agire, fianco a fianco, strumenti e tecniche tradizionali e modalità di produzione nuove; vedremo per questo all’opera e in contrasto tradizionalisti e innovatori. Comportamenti e regole fin qui considerate immutabili, saranno messe a dura prova. Uno dei campi in cui questo cambiamento è già in atto e comporta conseguenze ed effetti su tutti gli ambiti della vita quotidiana è quello che riguarda il lavoro: nelle aziende entra l’ Internet of Things, c’è un uso massiccio di tecnologie in rete e mobili,  smartphone e tablet entrano di prepotenza tra gli attrezzi imprescindibili del mestiere. Anche negli stabilimenti, nelle linee di produzione, in quelle della fornitura e della logistica. Tutto ciò comporterà un’evoluzione radicale per le attività pratiche e quotidiane dei lavoratori, che interesserà tutte le categorie: dagli operai specializzati ai responsabili di area, dai tecnici degli impianti ai magazzinieri. E sta già portando una profonda trasformazione anche nell’organizzazione del lavoro e dell’azienda.

I principali cambiamenti

Quali saranno questi principali cambiamenti che interesseranno i lavoratori della manifattura del futuro? Le conseguenze sono innanzitutto di due fattori, tra loro strettamente connesse. Il primo è l’aspetto pratico, e riguarda le azioni, gli orari, i luoghi di lavoro e le competenze del lavoratore. Spazi e tempi di lavoro non saranno più gli stessi. Il secondo fattore, più a lungo termine ma già in atto, riguarda il cambiamento della visione complessiva del lavoro, vale a dire lo sviluppo, dopo il settore  dei servizi e delle attività “immateriali”, di una grande trasformazione anche nella fabbrica. La flessibilità nella produzione avrà importanti conseguenze nella flessibilità dell’organizzazione.

A questo possiamo aggiungere alcuni altri elementi che già si stanno delineando: non è detto, ad esempio, che le 8 ore di lavoro classiche saranno anche il modello dell’industria tecnologica dei prossimi anni. In più, la possibilità di controllare la produzione a distanza fa in modo che la presenza fisica in azienda sia sì necessaria ma non allo stesso livello in cui lo era nel passato. Lavorare da casa potrà essere un’esperienza normale, così come lavorare da remoto quando non sia possibile essere presenti in fabbrica. E, poi, i nuovi modi di lavorare, dentro e fuori le aziende, nell’organizzazione e gestione delle attività, non saranno più gerarchici e “verticali”, ma collaborativi, partecipativi, inclusivi, “orizzontali”.

L’esempio General Electrics

Tra i primi colossi mondiali a muoversi in questa direzione, c’è General Electrics, che già da alcuni anni nel suo stabilimento vicino a New York ha installato 10mila sensori tutti connessi alla rete aziendale (ci sono voluti però investimenti per 1,5 miliardi di dollari), rendendo possibile per gli operai il monitoraggio della produzione attraverso i loro iPad. Per venire a situazioni a noi più vicine i lavoratori dello stabilimento di Torino di General Motors Powertrain possono utilizzare gli strumenti informatici dell’azienda per autogestirsi, e lavorare a distanza, per 10 giorni all’anno. Si tratta dei tecnici, ingegneri e specialisti che progettano i nuovi motori diesel, ma che, allo stesso tempo, gestiscono una fabbrica su tre turni che produce i motori stessi. Attraverso la rete, possono condividere in tempo reale l’andamento della produzione e governarlo da remoto attraverso il proprio Pc o tablet. Per un dinamico e flessibile smartworking nel settore metalmeccanico.

L’operaio si allontana dalle macchine

Con la diffusione dell’IoT anche la catena di montaggio, o quella di gestione dei prodotti finiti, non ha quasi più bisogno dell’intervento dell’operaio per operazioni meccaniche, ma lo richiede soltanto per attività di settaggio dei macchinari e di problem solving quando qualcosa non funziona. Attraverso webcam installate nei punti nodali della catena di montaggio e di produzione, e migliaia di sensori che ne rilevano ogni aspetto in tempo reale, è ormai possibile individuare i problemi e risolverli a distanza. In pratica, il ruolo dell’operaio “semplice” e non qualificato è sempre più marginale, e quello dell’operaio specializzato si riduce a poche mansioni, ma con un altissimo tasso di responsabilità.

Questo accade perché tutta la catena produttiva dipende da queste attività svolte attraverso tecnologie sempre più evolute e sofisticate, che si possono utilizzare in rete e da remoto, senza essere fisicamente sul posto, o vicino alle macchine. Allo stesso modo, la logistica interna allo stabilimento sempre più spesso non viene più gestita manualmente dagli operai, ma da robot e altre tecnologie in grado di sollevare pesi maggiori. Il ruolo del lavoratore è sempre più quello di impostare il sistema informatico, che si occupa poi automaticamente di gestire lo stoccaggio del materiale nel modo più efficiente, sulla base dei sensori e delle indicazioni che il ciclo produttivo fornisce. Oppure quello di intervenire in maniera complementare alle macchine.

Un diverso valore del tempo di lavoro

Detto questo, il primo cambiamento rivoluzionario riguarda quindi gli orari e i luoghi di lavoro: con la produzione e sempre più attività gestite virtualmente, nulla impedisce a un lavoratore di controllarle in remoto, da un’altra sede, o anche da casa, con il proprio computer, tablet o smartphone. Questo non significa avere in futuro una fabbrica senza lavoratori, completamente gestita dalle macchine. Ma è chiaro che l’operaio e il tecnico si interfaccerà sempre di più con il proprio tablet connesso alla rete aziendale piuttosto che fisicamente alla macchina stessa. La conoscenza avanzata dei sistemi informativi, la capacità di analisi in tempo reale di Big data, e il sapersi muovere velocemente tra sistemi cyber-fisici, saranno la base per i tecnici specializzati del futuro. E, con ogni probabilità, non si potrà prescindere da aspetti ritenuti fondamentali come un orario di lavoro, ma il fatto che questo sia fissato in schemi rigidi potrebbe essere un limite per il lavoratore più che per l’imprenditore dell’azienda.

Il caso Axa Italia

In Axa Italia, ad esempio, stanno già andando anche oltre: il cambiamento culturale che si vuole realizzare, sintetizzato dal motto “Fiducia e risultati”, prevede che si lavori per obiettivi. L’orario di lavoro non è più controllato, non ci sono più gli straordinari ma soltanto i risultati da raggiungere condivisi con il proprio responsabile. Sia presso la sede di Milano della multinazionale assicurativa, sia presso quella di Roma, non sono più previste scrivanie o uffici assegnati. Ognuno può sistemarsi a lavorare, con Pc portatile, smartphone, tablet, sulla prima scrivania disponibile o nella stanza libera che preferisce.

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Fonte: Industria Italiana