Vale una cifra compresa tra 2,3 e 2,4 miliardi di euro – in crescita del 30% rispetto all’anno precedente – il mercato italiano di Industria 4.0, definito come valore dei progetti realizzati da imprese con sede in Italia presso imprese manifatturiere e industriali sia italiane (84% del totale) che estere (16% del mercato di destinazione). Una cifra alla quale vanno aggiunti ulteriori 400 milioni di “indotto”, cioè progetti di innovazione più tradizionali, ma comunque sviluppati con tecnologie digitali. Sono i numeri proposti dall’edizione 2018 dell’Osservatorio Industria 4.0 realizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano, presentato stamattina nella sede milanese di Assolombarda.
Le tecnologie più adottate
L’Industrial IoT è la tecnologia sulla quale si sono imperniati più progetti: il 60%, per l’esattezza, per un valore di circa 1,4 miliardi di euro. Valgono invece 410 milioni di euro gli investimenti in Industrial Analytics e 200 milioni quelli in Cloud Manufacturing. 145 milioni è il valore dell’Advanced Automation e 30 milioni quello delle soluzioni HMI avanzate, in crescita del 50% rispetto allo scorso anno. Il mondo dei servizi consulenziali vale invece circa 200 milioni di euro.
Industria 4.0 non è più un oggetto misterioso
Se nella rilevazione di due anni fa il 38% delle imprese non sapeva che cosa fosse Industria 4.0, la rilevazione di quest’anno fa registrare un deciso miglioramento: solo il 2,5% delle aziende ancora ignora le basi di Industria 4.0. Dato ancora più interessante è che il 55% delle 236 imprese campione ha già messo in campo progetti 4.0.
Tra gli ostacoli alla trasformazione la carenza di risorse economiche, soprattutto nella PMI, e di competenze tecnologiche. Ma circa un terzo delle aziende ha dichiarato di non aver riscontrato ostacoli.
Il ruolo degli incentivi
Il 92% delle imprese parte del campione hanno dichiarato di conoscere le misure contenute nel piano nazionale Industria 4.0. Il 50% ha già messo in campo progetti che sfruttano iperammortamento o superammortamento e un ulteriore 25% ha intenzione di farlo a breve. Ben sei aziende su dieci dichiarano di avere intenzione di fruire del credito d’imposta per la formazione 4.0.
Il Piano Nazionale ha svolto finora un eccellente ruolo di acceleratore della trasformazione 4.0, sia diffondendone la conoscenza, sia favorendo fiscalmente gli investimenti privati – hanno dichiarato Alessandro Perego, Andrea Sianesi e Marco Taisch, responsabili scientifici dell’Osservatorio. “Ma è verosimile che questo stimolo non possa proseguire all’infinito: la prossima grande sfida per consolidare e far crescere ulteriormente il mercato sarà identificare il giusto percorso per coinvolgere nella trasformazione digitale le PMI, che rappresentano il vero cuore della manifattura italiana”.
Le competenze necessarie e la formazione
Secondo un sondaggio condotto dall’Osservatorio Industria 4.0, il 50% delle imprese ha già concluso o avviato una valutazione delle competenze 4.0 e più di una su quattro (26%) ha intenzione di farlo in futuro. Da queste analisi emergono 5 competenze principali necessarie per abilitare la trasformazione 4.0:
- applicazione lean manufacturing 4.0
- gestione della supply chain digitale
- cyber-security
- manutenzione smart
- relazione persona/macchina.
Solo il 30% delle aziende, però, dichiara di sentirsi preparata per affrontare l’Industria 4.0. Quelle che ammettono il deficit intendono colmare il divario attraverso la formazione del personale (24%) e acquisendo le competenze mancanti all’esterno (11%).
Per formare il personale, il 60% ha dichiarato di avere intenzione di usufruire del credito di imposta per la formazione 4.0, mentre il 19% ancora non conosce questo incentivo. Secondo l’indagine, tuttavia, le Risorse Umane risultano scarsamente coinvolte in queste iniziative e nello sviluppo delle strategie di industria 4.0: solo il 12% del campione, infatti, dichiara di coinvolgere attivamente la funzione HR in tutte le fasi del percorso di digitalizzazione, contro un 30% in cui l’HR partecipa in modo limitato e un 40% in cui la funzione HR non è coinvolta o non esiste.
“Nel complesso, dai risultati dell’indagine emerge un quadro incoraggiante, con la maggior parte delle imprese che ha ormai compreso l’importanza delle competenze 4.0 e ha avviato percorsi per valutare i fabbisogni e avvalersi degli incentivi per la formazione, mentre sono all’orizzonte piani e investimenti per portare le competenze 4.0 nel cuore della manifattura italiana”, commenta Sergio Terzi, Direttore dell’Osservatorio Industria 4.0. “Si osserva ancora tuttavia una certa marginalità del ruolo dell’HR, nella valutazione delle competenze come nello sviluppo della strategia di Industria 4.0, mentre per costruire una manifattura 4.0 sostenibile dal punto di vista economico, sociale e umano, il pieno coinvolgimento delle Direzioni HR è un passaggio di fondamentale importanza”.
La ricetta Bentivogli per migliorare il Piano
Ospite dell’evento di presentazione dell’Osservatorio il Segretario della FIM CISL, Marco Bentivogli, che durante il suo intervento ha continuato la sua crociata contro tecnofobia e luddismo: “Non è la tecnologia ma la poca innovazione ad aver ridotto occupazione”, ha detto. “Il rischio è che ci sia un pezzo di Paese che corre e vola rispetto all’innovazione e un pezzo che resta fuori”. Poi, rispondendo a una domanda di Taisch su come migliorare il piano nazionale impresa 4.0, ha detto: “Intanto dobbiamo sperare che non venga abrogato, come da qualche parte vorrebbero. A parte questo bisogna fare di più per la formazione, per il Sud e per le PMI, anche considerando strumenti come i Digital PIR per il finanziamento”.
Fonte: InnovationPost