Tutto quello che si è guadagnato in termini di investimenti privati ora va trasferito in competenze, progetti ad alto tasso di innovazione, prodotti che ne siano la conseguenza sui mercati. Il bilancio delle politiche a sostegno di Industria 4.0 non può che partire da qui.
Secondo le prime valutazioni, l’agevolazione fiscale nota come iperammortamento, per la deduzione maggiorata del 150%, sta funzionando. Si stima che un’impresa manifatturiera su tre abbia utilizzato questo strumento per investire in beni funzionali alla digitalizzazione del processo produttivo. Questo propellente potrà però essere utilizzato solo per spese effettuate entro il 2018 oppure, in alternativa, per bene consegnati entro il 2019 a patto però di versare entro l’anno un acconto pari ad almeno il 20%.
E dopo? Durante la campagna elettorale alcuni partiti hanno già posto il tema della continuità, con ricette – a dire il vero – diverse tra loro. Per questo l’assetto del nuovo governo sarà determinante per l’evoluzione del piano. Più di un’ipotesi in campo: una proroga secca, un’eventuale trasformazione in misura strutturale o al contrario un’uscita graduale dall’incentivo.
Nel frattempo, dopo notevoli difficoltà e un lungo ritardo, il ministero dello Sviluppo economico guidato da Carlo Calenda ha messo in moto la macchina dei Competence center, che dovrebbero costruire il perno del sistema di formazione e di collaborazione tra università, centri di ricerca e imprese nel campo dell’Industria 4.0. È stato pubblicato il bando di gara ma ora spetta alle università, con avvisi a manifestare interesse, selezionare i partner privati con i quali confezionare in comune la candidatura. Un meccanismo che rischia di essere un po’ farraginoso: va ricordato, per la cronaca, che si attendeva di poter dar vita ai primi centri di eccellenza già tra la fine del 2017 e l’inizio di quest’anno.
Per riassumere, il programma di attività che il centro propone, oltre a prevedere servizi di orientamento e formazione alle imprese, deve essere finalizzato alla realizzazione, da parte delle imprese fruitrici, di progetti di innovazione, ricerca e sviluppo. In tutto, sono disponibili 40 milioni: fino al 65% per la costituzione e l’avviamento dei centri e almeno il 35% per la realizzazione dei progetti.
Se i Competence center sono il vertice della piramide, alla base c’è la catena formativa costituita dai Digital innovation hub (Dih) e dai Punti impresa digitale (Pid). Entrambi rappresentano i primi poli di contatto tra le aziende e le novità indotte dalle tecnologie digitale, un modo per mettere in rete conoscenze, necessità imprenditoriali, informazioni su strumenti a disposizione. I Dih coordinati da Confindustria sul territorio sono 18.
Tra gli altri servizi, sono un punto di riferimento per consulenza su proprietà intellettuale, fiscale, business modelling, valutazione dei progetti di investimento; per l’autovalutazione della “maturità” digitale dell’impresa; per il supporto nell’accesso a progetti e finanziamenti nazionali ed europei.
I 77 Punti impresa digitale sono invece gestiti dalle Camere di commercio. Lavorano sulla diffusione del know-how sulle tecnologie 4.0, su corsi di formazione, su competenze di base nel settore digitale e sull’orientamento verso strutture più specialistiche come i Dih e i Competence center. Le Camere di commercio gestiscono una quota di risorse del programma Industria 4.0 che va alle imprese sotto forma di voucher spendibili per i servizi che saranno acquistati presso tutti i centri di trasferimento tecnologico accreditati, a partire dai Competence center.
Al momento sono stati pubblicati 56 bandi di gara dalle Camere, dovrebbero gradualmente aggiungersi le restanti 21 presso le quali sono stati costituiti i Pid. L’importo massimo del contributo varia a seconda della Camera di commercio: si va da mille a 10mila euro (circa 45 milioni le risorse totali disponibili).
Sono due le misure previste. In primo luogo, la domanda da parte di singole imprese per servizi di formazione e consulenza. La seconda modalità di intervento inserita nei bandi guarda invece a progetti che coinvolgono fino a 20 imprese, volti a favorire il trasferimento di soluzioni tecnologiche o a realizzare innovazioni e implementare modelli di business derivanti dall’applicazione di tecnologie 4.0.
Fonte: Il Sole 24 Ore