Secondo i dati di Federmeccanica i volumi di produzione sono cresciuti del 4,3% anno su anno. Vola l’export (+6,3%). E nel 2018 si prevede un aumento dell’occupazione. Appello del presidente: “Non vanifichiamo quanto fatto finora. Rendere strutturali gli incentivi alla manifattura digitale e investire sul capitale umano”
Industria 4.0 spinge il settore metalmeccanico. I dati della 145esima indagine congiunturale Federmeccanica sull’Industria Metalmeccanica, relativo al quarto trimestre 2017, confermano il consolidamento della fase espansiva iniziata a partire dall’ultimo trimestre del 2014, grazie ad un miglioramento della domanda interna e una crescita sostenuta dei flussi di fatturato indirizzati ai mercati esteri.
Nel quarto trimestre i volumi di produzione sono cresciuti dell’1,9% rispetto al terzo trimestre e del 4,3% nel confronto con l’analogo periodo dell’anno precedente, ma restano inferiori ancora del 22,5% rispetto a quelli che si realizzavano nel periodo pre-recessivo. Mediamente nel 2017 la produzione metalmeccanica è aumentata del 2,9% rispetto al 2016grazie ai buoni risultati ottenuti dalle imprese costruttrici di prodotti in metallo (+4,2%), di macchine e materiale meccanico (+3,2%) e della produzione di autoveicoli (+6,6%).
A tali andamenti ha contribuito in misura significativa la dinamica delle esportazioni di prodotti metalmeccanici che, nella media del 2017, hanno raggiunto i 216 miliardi di euro realizzando un +6,3% rispetto all’anno precedente.
Nel 2017, grazie alla ripresa della domanda interna, le importazioni di prodotti metalmeccanici sono cresciute dell’8,8% ma il saldo si è confermato sugli stessi livelli dell’anno precedente e pari ad un attivo di circa 52 miliardi di euro. Secondo Federmeccanica la fase espansiva dovrebbe proseguire anche nella prima parte del 2018, così come si evince dall’evoluzione del portafoglio ordini e dalle prospettive produttive attese dalle imprese.
A trainare i numeri del comparto gli incentivi (iper e superammortamento ) del piano Industria 4.0 che, come spiegato dal presidente di Federmeccanica Alberto Dal Poz, “hanno sdato spinta agli investimenti in macchinari, tecnologie e innovazione e consentito all’Italia di recuperare in parte il gap con gli altri Paese industrializzati”.
Motivo per cui Dal Poz auspica che questi incentivi “seppur in prospettiva ridimensionati o trasformati, non vengano però eliminati del tutto” proprio per proseguire sulla strada del rilancio di tutto il sistema Paese. Ma l’appello al governo che verrà non riguarda solo il sostegno agli investimenti “materiali” ma soprattutto a quelli “immateriali”. La fase 2 di Industria 4.0 si gioca tutte sulle skill. “Si può estrarre ricchezza dall’Industria 4.0 solo se dietro agli investimenti in tecnologie c’è un lavoro in grado di farli funzionare ovvero persone qualificate che mettano a valore le macchine. Per questo le imprese metalmeccaniche hanno bisogno di una nuova generazione di lavoratori ad alta specializzazione”.
Sul fronte lavoro, secondo l’associazione, la positiva evoluzione congiunturale dovrebbe determinare, nella prima metà del 2018, anche un incremento dei livelli occupazionali dopo la sostanziale stabilità osservata nel corso del 2017 nelle imprese con oltre 500 addetti e la forte contrazione dell’utilizzo dell’istituto della Cassa Integrazione Guadagni le cui ore autorizzate sono diminuite del 42,2% nel confronto con il 2016.
“Nonostante il consolidamento della fase espansiva – ha spiegato Fabio Astori, vicepresidente di Federmeccanica – i volumi di produzione si confermano ancora inferiori di oltre il 20% rispetto a quelli che si realizzavano prima della crisi. Le imprese stanno investendo in tecnologia e sulle persone per affrontare questa fase critica di transizione verso la Fabbrica Intelligente. Tuttavia, non tutti i settori marciano alla stessa velocità e ci sono imprese ancora in difficoltà, rimaste indietro rispetto a chi si colloca già su questa frontiera. Sono ancora troppi i freni imposti alle nostre imprese rispetto ai diretti competitors europei. E’ quindi necessario alleggerire il carico fiscale, il costo del lavoro e la burocrazia, quantomeno al livello degli altri Paesi e, allo stesso tempo, supportare in maniera sempre più convinta gli investimenti. Sono stati fatti alcuni passi che da soli però non bastano per rendere realmente competitivi tutti i nostri settori e tutte le nostre imprese.»
“Per non fermarsi ma continuare il percorso di crescita è necessario dare sostegno a chi investe. Si deve rendere attrattivo il tessuto industriale del Paese puntando sulla tecnologia e sulle competenze, sulle produzioni ad alto valore aggiunto e sulle filiere, vera catena di valore. Serve stabilità e un clima di fiducia – ha concluso Dal Poz – Siamo ancora molto lontani dai livelli pre crisi e rimane alto il rischio di arrestare questa iniziale ripresa o peggio ancora di fare passi indietro. All’Italia serve una politica industriale perché il nostro Paese è diventato grande grazie alla manifattura ed è sulla manifattura – motore di ricerca, occupazione e produttività – che bisogna rilanciare. E’ inoltre fondamentale che si investa in maniera importante sulle infrastrutture, che sono fondamentali per collegare le diverse aree del Paese, contribuendo a rilanciare quelle che oggi sono in maggiore difficoltà”.
Fonte: corrierecomunicazioni.it
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