Il «4.0» piace anche alle piccole imprese: il 34% ha usato gli incentivi

23 Aprile 2018 | news

La digitalizzazione dell’industria non è una trasformazione per pochi eletti. Anche le piccole e medie imprese, con tutte le difficoltà del caso, si sono messe in marcia e ora un’indagine svolta per il ministero dello Sviluppo economico dalla società Met, in vista della prossima Relazione annuale del garante Pmi, parla di una prima inversione di tendenza: quasi una su tre utilizza tecnologie 4.0 o ha in programma di farlo. In particolare, il 17,7% delle imprese che hanno tra 10 e 49 addetti già impiega sistemi che vanno dall’internet of things alla robotica alla manifattura additiva al cloud. Il 9,4% ha intenzione di adottarli a breve. Un altro 1,2% è invece già dentro il paradigma 4.0 come produttore.

Il risveglio delle imprese fino a 50 dipendenti
Il picco naturalmente si registra oltre i 50 dipendenti: 32,2% di utilizzatori fino a 249 e 45,2% oltre i 250. Se poi si include nella valutazione tutto l’universo industriale, comprese le micro imprese (1-9 addetti), meno sensibili alla svolta, il totale ovviamente si abbassa: 8,6% di «imprese 4.0». Ciò che appare chiaro però è il risveglio delle imprese tra 10 e 49 addetti. Anche l’Istat – nel suo recente Rapporto sulla competitività dei settori produttivi – offre alcuni segnali interessanti, pur con la necessaria cautela.

Iperammortamento fiscale decisivo
Per oltre un terzo delle imprese con meno di 50 addetti (34,2%) l’ipermmortamento fiscale che incentiva l’acquisto di tecnologie 4.0 è stato rilevante per la scelta di investire, a fronte del 57,6% delle grandi. Le “piccole” hanno poi rappresentato il 68% delle imprese beneficiarie del credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, sempre più finalizzato alle trasformazioni digitali. Dall’altro lato però, per evitare trionfalismi prematuri, va ricordato che a fronte del 67% complessivo di imprese che nel 2017 ha dichiarato di aver effettuato nuovi investimenti, l’Istat stima che per le Pmi la quota si fermi ancora al 42%.

Lo scarto nella distribuzione territoriale
Non è irrilevante nemmeno la distribuzione territoriale. L’anticipazione dell’indagine Met svolta per il ministero segnala uno scarto significativo: 9,4% di diffusione al Centro Nord, 6,2% al Sud. Da uno studio del Laboratorio manifattura digitale dell’Università di Padova che sarà presentato oggi – condotto a campione sulle sole imprese manifatturiere di Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna – emergono dati ancora più chiari: in questo caso le imprese che adottano industria 4.0 salgono al 18,6% e tra queste sei su dieci sono micro piccole imprese.

«Competenze» ancora inadeguate
Stefano Firpo, Garante delle Pmi, nonché il dirigente del ministero che ha avviato le policy su Industria 4.0, parla di una diffusione sempre maggiore pur in un quadro di «competenze» ancora inadeguate. «Abbiamo disegnato strumenti semplici proprio a misura di piccole imprese – dice -: incentivi automatici di immediato utilizzo. E si iniziano a vedere i risultati: non è vero che Industria 4.0 è un programma per le grandi aziende». Poi però emerge netto il deficit di competenze, difficoltà principale per un quarto delle imprese che inizia a investire (altro dato dell’indagine dell’Università d Padova, si veda l’articolo in basso). «Certo, al di là delle dimensioni – aggiunge Firpo – conta anche la sensibilità all’innovazione del singolo imprenditore ed incide la presenza di competenze adeguate tra i dipendenti e gli stessi manager. Sbloccheremo il credito di imposta per la formazione 4.0 e avvieremo i competence center per accelerare anche in questo campo».

Ricadute negative ridotte sull’occupazione
Le intenzioni di investimento – commenta Raffaele Brancati, presidente della società Met – confermano un certo cambio di passo. «La percentuale di imprese non ancora coinvolte che ha in programma interventi nel prossimo triennio rappresenta il 4,6% ma sale al 9,4% per le piccole e all’8,3% per le medie». Per le aziende 4.0 l’effetto prevalente della digitalizzazione è il miglioramento della qualità dei prodotti e la minimizzazione degli errori (62%). «C’è anche una presenza ma modesta – aggiunge Brancati – di imprese che usano le tecnologie con l’obiettivo di ridurre direttamente l’occupazione». Gli effetti dell’automazione sul lavoro non si possono ignorare, ma in questa fase solo il 5% delle aziende prevede ricadute negativi sui propri livelli occupazionali. Nell’ultimo triennio, invece, ad aumentare l’occupazione è stato il 37,5% delle imprese che usano tecnologie 4.0 contro il 16,8% delle imprese tradizionali.

Fonte: Il Sole 24 Ore