Digital innovation hub, cosa sono e che ruolo hanno in Industria 4.0

1 Marzo 2018 | news

Il ruolo dei competence center e dei digital innovation hub di Confindustria per stimolare l’innovazione 4.0 attraverso la collaborazione fra ricerca e imprese e la formazione delle competenze per il lavoro e la fabbrica del futuro.

Il Piano Industria 4.0, lanciato per la prima volta dal MISE nel settembre 2016, ha dato vita ad una rete infrastrutturale dell’innovazione digitale con l’obiettivo di creare strette interazioni tra ricerca e impresa, formazione e lavoro, innovazione e territori. Questa rete ruota intorno a due soggetti fondamentali:

  • i Competence Center che rappresentano poli di ricerca e innovazione legati, allo stesso tempo, alle università ed alle imprese e capaci di fornire altissime competenze e “facilities” sulle tecnologie 4.0;
  • i Digital Innovation Hub (DIH), che collaborano con i Competence Center e forniscono servizi alle imprese valorizzando e mettendo in rete i vari attori dell’ecosistema dell’innovazione digitale.

 

I Digital Innovation HUB

I DIH, digital innovation hub, costituiscono la vera e propria “porta” di accesso per le imprese al mondo di Industria 4.0 nella misura in cui mettono a loro disposizione servizi per introdurre tecnologie 4.0; sviluppare progetti di trasformazione digitale; accedere all’ecosistema dell’innovazione a livello regionale, nazionale ed europeo. Specificamente, nella visione di Confindustria, i DIH dovrebbero attivare un network degli “attori territoriali dell’innovazione” composto da Università, Competence Center, Cluster, Player industriali, Centri di ricerca, Parchi scientifici e tecnologici, Incubatori di Start-up, FabLab, Investitori, Enti locali. I Digital Innovation Hub, nodi essenziali di queste reti, dovrebbero entrare anche nelle reti di livello nazionale ed europeo configurandosi come vere e proprie cinghie di trasmissione dell’innovazione.

I DIH dovrebbero avere una dimensione regionale o interregionale e per la loro costituzione non sono previsti finanziamenti pubblici nazionali; per poter sostenere economicamente le iniziative formative e di acquisizione di nuove competenze, dovrebbero ricorrere a risorse regionali derivanti da fondi strutturali europei e dai fondi interprofessionali. Fondamentale, ai fini della riuscita della loro mission, è la partecipazione di soggetti istituzionali come gli Enti locali e potenziali finanziatori dei progetti di innovazione aziendale come le banche, venture capitalist e fondazioni.

I Digital Innovation Hub, secondo Carlo Calenda (cit. da Weisz, 2017), dovrebbero nascere spontaneamente e ovunque. In realtà, osserva Barbara Weisz (2017), l’Italia presenta già una mappa di DIH attivati in collaborazione con Confindustria: “T2i Digital Innovation Hub” che interessa Veneto, Trentino, Alto Adige e Friuli ed è specializzato in high performance computing e internet of things; “DIMA-HUB” in Piemonte rivolto alle tecnologie laser; “Cicero Hub” nel Lazio che si occupa di cyber physical systems e IoT; “4M4.0” nelle Marche specializzato in high performance computing e robotics; “SMILE – Smart Manufacturing Lean Innovation Excellence”, in Emilia Romagna, centrato su lean innovation, cyber physical systems e IoT; “Apulia Manifacturing” in Puglia specializzato in cyber physical systems e IoT; “Manifattuta sarda 4.0” in Sardegna teso ad applicare le tecnologie digitali nei settori tradizionali dell’agricoltura, del turismo, dei beni culturali.

 

La differenza tra Digital Innovation HUB e Competence Center

I Competence Center costituiscono invece la spina dorsale di conoscenze e competenze qualificate rispetto ad alcune dimensioni essenziali di Industria 4.0: robotica, additive manufacturing, realtà aumentata, Internet of Things, cloud, big data e analytics, simulazione, cybersecurity. Questi Centri rappresentano poli di innovazione costituiti nella forma di partenariato pubblico-privato da almeno un organismo di ricerca e da una o più imprese. Debbono dunque essere legati a poli universitari, player privati, centri di ricerca pubblici e privati, start up. I Centri di competenza hanno l’obiettivo di fornire l’advisory tecnologica soprattutto alle PMI, favorire la sperimentazione e la produzione di nuove tecnologie, formare i giovani ed accrescere le competenze dei lavoratori attraverso la formazione 4.0.

 

Il bando Competence Center

Il bando per l’istituzione dei competence center è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 29 gennaio 2018; le domande per la loro istituzione possono essere presentate dal 1 febbraio 2018 fino al 30 aprile 2018. Il bando non prevede un numero fisso di Centri ma il loro numero sarà determinato dalle risorse in base ai progetti proposti. La dotazione economica complessiva per i Competence Center è di 40 milioni di euro (Weisz, 2018).

Le proposte per la creazione dei Competence Center sono state avanzate sinora dal Politecnico di Milano, il Politecnico di Torino; gli atenei veneti capitanati da Padova, l’Alma Mater di Bologna, l’Istituto sant’Anna di Pisa, l’Università Federico II di Napoli, l’Università di Bari, La Sapienza di Roma. Il Competence Center del Politecnico di Milano dovrebbe aiutare le aziende ad integrare l’uso di tecnologie come robotica, additive manufacuring, IoT, big data e sensoristica. Il Politecnico di Torino metterebbe a disposizione le sue competenze in tecnologie quali robotica, big data, IoT e si rivolgerà in particolare alle aziende dell’aerospazio, dell’aeronautica e dell’automotive. I Competence Center degli atenei veneti intendono offrire assistenza nei settori industriali di punta del territorio: abbigliamento, arredamento, automazione ed agrifood. Il Centro dell’Alma Mater di Bologna dovrebbe offrire competenze soprattutto nel dominio dei big data e rivolgersi a filiere regionali quali la meccatronica, la motoristica ed il biomedicale.  Pisa punterà essenzialmente sulla robotica collaborativa e sugli ambienti virtuali, ma riguarderà anche il digital manufacturing, l’ergonomia e le scienze della vita. Il Centro della Federico II di Napoli sarà specializzato nella robotica e nei materiali innovativi. Il Centro del Politecnico di Bari offrirà competenze nei domini dell’aerospazio, dell’automotive e dell’agricoltura 4.0.

Con l’istituzione dei Competence Center, sottolinea Carlo Calenda, vogliamo attrezzare il Paese di poli di eccellenza tesi a valorizzare le competenze di università e imprese (Meta, 2018). La quarta rivoluzione digitale introduce essenziali trasformazioni nel mercato del lavoro ed investe su percorsi formativi virtuosi capaci di dar vita a nuove competenze. La circolare del MISE su Industria 4.0 del 30/03/2017 sottolinea al riguardo che “… il Piano prevede la diffusione di una cultura 4.0 lungo l’intero ciclo formativo, dalla scuola all’università, dagli istituti tecnici superiori ai corsi di dottorato” (Agenzia delle Entrate e MISE, 2017). Si prevede in particolare una crescita degli studenti universitari di 200.000 unità, un raddoppio degli iscritti agli istituti tecnici superiori, 1400 dottorati di ricerca, 3000 manager specializzati sui temi 4.0.

Dal punto di vista dei contenuti, la formazione alle competenze 4.0 implica la necessità di investire sia sulla verticalizzazione delle competenze digitali che sulle competenze trasversali e trasformazionali che potrebbero consentire soprattutto ai giovani l’occupabilità e la possibilità di lavorare in contesti fortemente interessati da processi innovativi. Marco Taisch, membro della Cabina di regia di Industria 4.0, sottolinea come i modelli di apprendimento oggi rilevanti siano quelli legati ai “connecting the dots di Steve Jobs” (Weisz, 2017). La sfida di un modello di apprendimento che non invecchi con la tecnologia è legata alla capacità logica di stabilire connessioni, saper scomporre e ricomporre i problemi. Questa capacità è specificamente riferita, in termini di industria 4.0, ai domini METS: mathematics, engineering, technology, science.

Proprio le strette interconnessioni tra università e imprese, tra pubblico e privato, tra diritto all’istruzione e formazione alle competenze 4.0 può dar vita alla fabbrica del futuro in versione “research factory” distribuita, per trasformarla in un luogo che va oltre i suoi confini fisici, dove manifattura e ricerca si uniscono. La sfida di Industria 4.0 è quella di valorizzare “…l’artigianalità del tessuto imprenditoriale italiano, grazie all’utilizzo delle tecnologie digitali, fornite dai grandi player e rese fruibili alle PMI dalle università” (Spadoni, 2017), come premessa per la realizzazione di quell’importante progetto di politica industriale che è Impresa 4.0. La sfida italiana di Industria 4.0 deve passare dalle PMI e queste imprese possono puntare all’innovazione imparando anche la programmazione al computer, la stampa in 3D, l’utilizzo dei big data. “…un tornitore può diventare così un addetto alla modellizzazione. Prima stava sul tornio, adesso sta sul pc, genera il pezzo e controlla che esca” (Spadoni, 2017). Egualmente importante è l’impatto dei big data, della sensoristica: anche le piccole imprese possono avere importanti vantaggi dall’uso e dal trattamento dei dati e dai rinnovati rapporti tra conoscenze, tecnologie e lavoro.

La sfida di Industria 4.0 è far si che la manifattura, rilanciata dalla trasformazione digitale, passi dall’attuale 15% di contributo al PIL ad almeno il 20% trainando verso la crescita l’intera economia. All’interno di questa prospettiva, i Digital Innovation Hub costituiscono la vera e propria “porta” di accesso per le imprese al mondo di Industria 4.0 nella misura in cui mettono a loro disposizione servizi per introdurre tecnologie 4.0, sviluppare progetti di trasformazione digitale, accedere all’ecosistema dell’innovazione a livello regionale, nazionale ed europeo. Specificamente, nella visione di Confindustria, i DIH dovrebbero attivare un network degli “attori territoriali dell’innovazione” composto da Università, Competence Center, Cluster, Player industriali, Centri di ricerca, Parchi scientifici e tecnologici, Incubatori di Start-up, FabLab, Investitori, Enti locali. I Digital Innovation Hub, nodi essenziali di queste reti, dovrebbero entrare anche nelle reti di livello nazionale ed europeo configurandosi come vere e proprie cinghie di trasmissione dell’innovazione.

I DIH dovrebbero avere una dimensione regionale o interregionale e per la loro costituzione non sono previsti finanziamenti pubblici nazionali. Fondamentale, ai fini della riuscita della loro mission, è la partecipazione di soggetti istituzionali come gli Enti locali e potenziali finanziatori dei progetti di innovazione aziendale come le banche, venture capitalist e fondazioni.

Attualmente si contano in Italia 20 DIH. Alcuni di questi sono connessi all’interno delle reti previste dall’iniziativa europea I4MS – ICT Innovation for Manufacturing SMEs – volta proprio a potenziare gli effetti della trasformazione digitale. I DIH italiani della Rete I4MS sono: “T2i Digital Innovation Hub” che interessa Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli ed è specializzato in high performance computing e internet of things; “DIMA-HUB” in Piemonte rivolto alle tecnologie laser; “Cicero Hub” nel Lazio che si occupa di cyber physical systems e IoT; “4M4.0” nelle Marche specializzato in high performance computing e robotics; “SMILE – Smart Manufacturing Lean Innovation Excellence”, in Emilia Romagna, centrato su lean innovation, cyber physical systems e IoT; “Apulia Manifacturing” in Puglia specializzato in cyber physical systems e IoT; “Manifattuta sarda 4.0” in Sardegna teso ad applicare le tecnologie digitali nei settori tradizionali dell’agricoltura, del turismo, dei beni culturali.

Bibliografia

Confindustria, Digital Innovation Hub. Un ponte tra impresa, ricerca e finanza, testo accessibile al sito http://preparatialfuturo.confindustria.it/digital-innovation-hub/cosa-sono/

Agenzia delle Entrate e MISE, 2017, Circolare N.4/E del 30/03/2017 Industria 4.0, testo accessibile al sito: http://www.camera.it/temiap/allegati/2017/03/31/OCD177-2828.pdf

Meta F., 2018, “Competence Center, si parte: online il bando. Calenda: Strumento strategico per Industria 4.0”, CorCom, 30 Gennaio, testo accessibile al sito www.corrierecomunicazioni.it/industria-4-0/competence-center-si-parte-online-bando-calenda-strumento-strategico-industria-4-0/

Spadoni E., 2017, “È già ora di parlare di Industria 5.0”, Agi Blog Scienze, 6 aprile, testo accessibile al sito: https://www.agi.it/blog-italia/scienza/e_gi_ora_di_parlare_di_industria_5_0-1657359/news/2017-04-06/

Weisz B., 2016, “Ecco la mappa dell’innovazione italiana che nutrirà l’Industry 4.0”, AgendaDigitale.eu, 27 settembre, testo accessibile al sito: www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/ecco-la-mappa-dell-innovazione-italiana-che-nutrira-l-industry-40/

Weisz B., 2017, “Industry 4.0. Che succede ai Competence Center: ci sarà un bando”, Agenda Digitale.eu, 27 febbraio, testo accessibile al sito: www.agendadigitale.eu/industry-4-0/industry-4-0-che-succede-ai-competence-center-ci-sara-un-bando/

Weisz B., 2018, “Industry 4.0, come saranno i competences center: tutti i dettagli”, AgendaDigitale.eu, 29 gennaio, testo accessibile al sito: www.agendadigitale.eu/industry-4-0/industry-4-0-saranno-competence-center/

Fonte: www.agendadigitale.eu

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